L’usignolo d’oro

C’era una volta, tanto tempo fa, nel cuore della Cina un impero bellissimo. Il suo imperatore amava molto la musica. Sapeva suonare tutti gli strumenti musicali, organizzava spesso delle feste ed invitava cantanti famosi e musicisti illustri… però non gli bastava ascoltare queste voci… avrebbe voluto ascoltare un canto più soave … ma non sapeva neanche lui dove e soprattutto cosa cercare.
Allora pensò di attaccare su ogni pianta e ogni fiore dell’immenso giardino che circondava il palazzo, dei campanellini di cristallo di grandezza e forme differenti. Quando il vento soffiava i campanellini tintinnavano dolcemente e la musica che ne derivava era meravigliosa… ma neanche questo bastava all’imperatore! Voleva di più… voleva ascoltare la musica più bella del mondo!! Decise di non organizzare più feste, ormai lo annoiavano.
Tutti i giorni passeggiava sconsolato nel suo giardino ed era così triste che iniziava ad ammalarsi, quando un bel giorno, durate una passeggiata, sentì un canto stupendo.
Si mise a correre nella direzione del canto e, più si avvicinava più era felice! Finalmente trovò un piccolo uccellino dal petto bianco e le piume rosse che se ne stava sul muro di cinta del palazzo. Era un usignolo ed il suo dolce canto era capace di incantare chiunque… figuriamoci l’imperatore della Cina che amava così tanto la musica! Il sovrano, commosso, restò ad ascoltare il piccolo uccellino fino a quando, al tramonto, il canto si interruppe.
Solo allora, con le lacrime agli occhi, il sovrano parlò:
-“Piccolo uccellino dalla voce incantata, mi faresti l’onore di venire con me a palazzo e di rimanere per sempre a corte ad allietare le mie giornate?”
-“Come potrei dirvi di no? Sarà un onore cantare per il mio imperatore” rispose l’uccellino.
Così tornarono insieme a palazzo. Il sovrano dette subito l’ordine di far costruire una enorme gabbia d’oro per il suo amico. L’usignolo preferiva la libertà, ma non volle dispiacere il suo imperatore ed accettò sia di vivere in gabbia, che di cantare ogni volta che gli veniva chiesto.
Così passarono molti anni, finchè un giorno…. Era il compleanno dell’imperatore e, durante la bellissima festa che era stata organizzata in suo onore, arrivò a palazzo un grosso pacco tutto dorato e con un enorme fiocco rosso: era il dono di un imperatore di un paese vicino. Il festeggiato aprì contento il regalo e… meraviglia… dentro c’era un usignolo tutto d’oro, incastonati nelle ali aveva magnifici rubini e diamanti, ed al posto degli occhi due enormi smeraldi. Oltre ad essere bellissimo, bastava che gli si desse la carica, girando una piccola chiave che aveva sotto la pancia, perché l’usignolo meccanico emettesse un canto dolcissimo, più bello del canto dell’usignolo vero.
Così l’ingrato imperatore cacciò via dal regno l’uccellino “in carne e piume” e buttò via la gabbia dorata: non aveva più bisogno di lui.
Ma un giorno, anni dopo, durante una festa, l’usignolo meccanico, consumato dal continuo utilizzo, si ruppe in mille pezzi; e non ci fu proprio modo di rimetterlo insieme, anche se furono chiamati ad aggiustarlo i migliori orafi e meccanici del mondo.
L’imperatore tornò ad essere triste come prima di conoscere l’usignolo vero e si ammalò gravemente. Tutti credevano che sarebbe morto presto. Non aveva neanche più la forza di passeggiare nel suo amato giardino, oramai stava sempre a letto, spegnendosi giorno dopo giorno.
Quando il buon usignolo, quello vero, seppe che il suo imperatore stava per morire viaggiò per un’intera settimana senza mai fermarsi, più veloce che poteva per arrivare in tempo.
Finalmente raggiunse il palazzo reale e si posò sul davanzale della finestra dell’imperatore ed iniziò a cantare… e cantò per giorni… fino a quando il sovrano non recuperò le forze, non appena riuscì ad alzarsi dal letto la prima cosa che fece fu di aprire la finestra per far entrare quel dolce amico che, nonostante fosse stato cacciato in malo modo, era tornato ad aiutarlo.
Da quel giorno l’imperatore e l’usignolo non si lasciarono mai più. E non fu neanche necessaria la gabbia d’oro: avevano capito che l’amicizia unisce senza bisogno di catene. Ma soprattutto capirono di essere preziosi uno per l’altro perché una vera amicizia vale più di qualsiasi tesoro……”