Gamba

Un pomeriggio morì una vecchia signora che abitava poco lontano dal paese. Noi ragazzi andavamo sempre a schernirla per la gamba di legno che sostituiva quella, vera, persa durante un bombardamento. Anche il giorno della sua morte andammo a trovarla: era stesa sul letto, e vicino aveva la gamba di legno che oramai non le serviva più. Per farle un ultimo scherzo, durante un attimo di disattenzione dei parenti rubammo la gamba per utilizzarla poi per i nostri giochi. In pochi minuti l’avevamo ridotta in quattro pezzi.

Erano gli anni Cinquanta e noi la sera andavamo nella stalla a giocare a nascondino. C’eravamo ormai dimenticati della vecchia signora e pure della sua gamba. Verso mezzanotte udimmo degli strani rumori provenire dalla stanzetta attigua alla stalla. I nostri genitori erano da poco andati a dormire, noi li avremmo raggiunti poco dopo.
Eravamo certi che non vi fosse nessuno lì. Presi dalla paura iniziammo ad indietreggiare per raggiungere la porta e correre dai nostri genitori, quando udimmo il catenaccio chiudere la porta della stalla.

Dopo avere cercato inutilmente di uscire ci raggruppammo stretti uno all’altro. Fu in quel momento che sentimmo nuovamente i passi. Come quelli di una persona che cammini saltellando. Eravamo immobilizzati dal terrore. Quando udimmo delle urla spaventose, la porta cominciò a vibrare per poi aprirsi di colpo.

Urlavamo terrorizzati non sapendo cosa o chi avesse fatto questo.
Poi dal buio della piccola stanza vedemmo avanzare una mostruosa figura, e subito cercammo di fuggire, ma la porta, chiusa dall’esterno, ce lo proibiva.
Il misterioso personaggio si avvicinava sempre più.
Quando aprì il mantello, un coro di urla quasi disumane risuonarono nella stalla:
Una figura agghiacciante, dal cui corpo pendevano brandelli di carne, si presentò ai nostri occhi.
Gigi, forse il più coraggioso di noi, gridò:
— Guardate! Ha una sola gamba!!!
Fu in quel momento che una voce cavernosa risuonò nella stalla:
— Dove avete portato la mia gamba?
— Noi non abbiamo nessuna gamba, — rispose sempre Gigi.
— Voglio la mia gamba di legno!!! — urlò nuovamente il mostro.
Non appena lo sentimmo parlare della gamba di legno ci ricordammo della vecchia Matilde.
— La gamba di legno che avevamo rubato era quella della vecchia, non tua, — risposi tremante.
— Io… sono Matilde, e voglio la mia gamba, la devo portare con me…! — gridò la mostruosa figura.
Ci guardammo in faccia, oramai la gamba era rotta e non avremmo più potuto consegnargliela.
— Mi dispiace, ma la gamba è rotta… — disse Gigi.
— Se entro domani sera non avrò la mia gamba, porterò con me uno di voi.
Detto questo scomparve e la porta della stalla si aprì.
Il giorno dopo, senza dire nulla a nessuno, raccogliemmo i pezzi rotti della gamba della signora Matilde, e la sera stessa, dopo averne incollato i pezzi, la lasciammo nella stalla.
Il giorno dopo della gamba non c’era più traccia.
Da quel giorno non abbiamo più deriso né fatto scherzi a nessuno.


Giuseppe Loda