Un giorno un fratellino prese per mano la sua sorellina e le disse:
-“Da quando la nostra mamma è morta, a casa non si sta più bene! La matrigna ci picchia, spesso ci lascia fuori di casa, tratta meglio il cane di noi… povera mamma, se vedesse in che stato siamo, ne soffrirebbe moltissimo, lei che ci voleva tanto bene! Andiamo via da qui, troveremo un posto dove vivere meglio”
E così fuggirono da casa, camminarono per prati e per boschi, per campi e per strade, valicarono monti e vallate: a tarda sera si fermarono stanchi. Cominciò a piovere e la sorellina disse:
-“Ecco chi il Signore piange per noi!”
Si guardarono intorno e si accorsero di essere vicini ad una foresta. Avevano fame e sete, ma non avevano niente né da bere né da mangiare. Videro un albero bucato vi si infilarono dentro per ripararsi e si addormentarono stanchi.
Furono svegliati dai caldi raggi del sole che arrivarono fin dentro il tronco e dall’allegro cinguettio degli uccellini.
Il fratellino iniziò a lamentarsi per la sete
-“Che sete, che sete! Vorrei tanto trovare una fontana… ma… mi pare… ascolta, lo senti anche tu questo rumore? Sembra il mormorio dell’acqua”
Tutti felici iniziarono a seguire il tintinno dell’acqua e dopo poco trovarono una sorgente: era bella, chiara e fresca l’acqua che sgorgava e sembrava invitare i bambini a dissetarsi.
Ma i bambini non erano soli, la matrigna cattiva li aveva seguiti e, siccome era una strega, aveva fatto un incantesimo a tutte le fonti d’acqua. Mentre il fratellino stava per bere il primo sorso, la sorellina sentì fra il gorgoglio dell’acqua una vocina che diceva:
-“Chi beve diventa una tigre… chi beve diventa una tigre…”
-“Non bere, non bere! Se diventerai una tigre mi divorerai in un boccone!”
Il bambino ubbidì e con voce rassegnata disse:
-“Pazienza, berrò ad un’altra sorgente!”
Camminarono ancora ed arrivarono ad un’altra fonte. Il fratellino aveva la gola secca e stava per bere l’acqua che brillava scorrendo sui sassi bianchi, quando ancora una volta la sorellina lo bloccò perché aveva ancora sentito una voce che diceva: “se berrai diventerai un lupo”. Anche questa volta il bambino rinunciò e, sospirando si consolò dicendo:
-“Berrò ad un’altra sorgente”
Fecero ancora molta strada e trovarono un’altra sorgente. Il bambino aveva veramente tanta sete, la sorellina sentì una vocina che diceva “ se berrai diventerai un capriolo” e disse:
-“Non bere, non bere, altrimenti diventi un capriolo e scapperai via!”
Ma il fratellino aveva già bevuto qualche sorso e vicino alla sorgente non c’era più un bambino, ma un piccolo capriolo. La povera bimba si mise a piangere si accucciò indifesa sull’erba… anche il piccolo capriolo piangeva. Si guardarono a lungo, poi la bimba disse:
-“Pazienza, rimarremo comunque insieme, come sempre. Smettiamo di piangere!”
Prese dalla tasca un laccetto di seta e oro che era l’unico ricordo della mamma morta, e lo mise come collare al capriolo. Poi intrecciò dei giunchi, legò la treccia al collarino e tenendo stretta l’altra estremità del capo del guinzaglio, si rimisero in cammino. Ad un tratto si trovarono davanti ad una casetta disabitata che sembrava fatta apposta per loro: era proprio piccolina, giusta per due bambini. La casa era completamente vuota, la sorellina cercò del muschio fresco e fece una cuccia per il capriolo. Decisero di fermarsi a vivere lì, del resto cosa potevano fare una bimba sola ed un capriolo?
Ogni mattina la bimba cercava nel bosco bacche e radici per nutrirsi, e fresca erbetta per il caro fratellino-capriolo che la mangiava dalla mano della piccola.
Passarono gli anni e la bambina divenne una bella fanciulla. Un giorno il re volle andare a cacciare proprio in quel bosco; a rompere il silenzio del bosco, si udirono suonare i corni, scalpitare i cavalli, abbaiare i cani. Al capriolo venne una gran voglia di andare a vedere cosa succedeva e chiese alla sorellina:
-“Lasciami andare, non riesco a rimanere qui fermo, voglio andare a stuzzicarli come fanno gli altri caprioli, nascondermi, lasciarmi inseguire, burlarmi di quella gente che crede di poterci catturare!”
La fanciulla capì che nel capriolo si era risvegliato l’istinto della razza, ma non voleva lasciarlo andare. Ma la bestiola pregò con tanto calore che la sorellina dovette cedere.
-“Va’ pure, ma torna prima di sera. Io ho paura dei cacciatori e me ne starò qui in casa. Quando tornerai bussa alla porta e dimmi “sorellina, fammi entrare” ed io ti aprirò.”
Appena fuori il capriolo andò incontro ai cacciatori, saltava davanti a loro, faceva una corsetta e si nascondeva, saltava siepi e sassi e poi spariva. I cacciatori cercarono di inseguirlo, ma fu tutto inutile: non riuscivano a stargli dietro.
Verso sera la caccia finì e il capriolo tornò a casa, bussò come aveva raccomandato la fanciulla, si fece riconoscere. E appena dentro iniziò a leccare affettuosamente la sorella. Così si addormentarono, il capriolo sdraiato sul muschio e la fanciulla col capo appoggiato sulla sua schiena.
Anche il giorno dopo i suoi dei coni e l’abbaiare dei cani, svegliarono i ragazzi, e come nel giorno precedente, il capriolo chiese alla sorella il permesso di uscire:
-“Sorellina mia, lasciami andare… mi diverto tanto a correre e saltare! Ho bisogno di sentirmi libero di correre nella natura.
La sorellina dovette cedere; si raccomandò come aveva fatto il giorno prima, di tornare entro sera e di bussare alla porta facendosi riconoscere. Il capriolo la rassicurò e corse felice nel bosco.
Il fiero animale si divertì a burlarsi del re e dei suoi cacciatori, questi lo riconobbero subito perchè aveva il collarino d’oro, questa volta non se lo sarebbero lasciato scappare e si lanciarono al’inseguimento. Il capriolo saltava , correva e si fermava; scompariva tra i cespugli per ricomparire un minuto dopo. Il gioco continuò fino a sera, ma at un tratto il capriolo fu ferito ad una zampa… c’erano cacciatori ovunque! L’animale si avvicinò zoppicando alla casetta, ma non si accorse che un cacciatore lo stava seguendo nascosto tra glia alberi. Immaginatevi la meraviglia dell’uomo quando sentì il capriolo mormorare davanti all’uscio della casina “aprimi, sorellina mia!” e vide la porta aprirsi.
Corse a riferire ogni cosa al re.
Intanto la fanciulla, che si era accorta della ferita alla zampa, aiutò il fratello a stendersi sul giaciglio e lo medicò amorevolmente.
Il mattino successivo la ferita era guarita perfettamente e il capriolo, sentendo nuovamente i corni dei cacciatori, supplicò la sorella di lasciarlo andare nel bosco la povera fanciulla piangendo gli disse:
-“Ieri ti hanno ferito, oggi ti uccideranno! Cosa farò io da sola nel bosco? Non andare, non lasciarmi da sola!”
-“Sai che se non mi lasci uscire mi si spezzerà il cuore? Io sono un capriolo e quando sento i corni da caccia non mi so contenere!”
La buona sorella gli aprì la porta e lo lasciò andare nel bosco.
Il re, appena lo vide, lo riconobbe ed ordinò di seguirlo per tutto il giorno, senza fargli alcun male. Appena calata la sera, il re si avviò alla casetta della foresta e, quando fu davanti alla porticina, disse: “Aprimi, sorellina!”. Quando la porta si aprì il re non poteva credere ai suoi occhi: aveva davanti a sé la fanciulla più bella del mondo. La ragazza, nel vedere un re con tanto di corona al posto del suo fratello capriolo, rimase senza parole. Fu il re a parlare, e disse:
-“Vuoi venire con me ed essere la mia sposa?”
-“Si, ma con me deve venire anche il mio capriolo” disse timidamente la fanciulla
-“Il capriolo verrà con noi, e non gli mancherà nulla”
La fanciulla accettò, era felicissima di sposare il re. Il quel momento arrivò saltellando il capriolo, la ragazza lo abbracciò, gli spiegò cosa era successo e tutti e tre insieme uscirono dalla casetta piccina. Il re mise la fanciulla sul suo cavallo, il capriolo trottava accano a loro e presto giunsero al castello.
Si celebrarono le nozze e fu organizzata una festa bellissima.
Passavano gli anni e i tre vivevano sereni e felici.
Anche la perfida matrigna era felice: era convinta che la ragazza fosse stata divorata da qualche belva del bosco e che il capriolo fosse stato abbattuto nei periodi di caccia quando venne a sapere che i ragazzi vivevano felici nel palazzo reale, quasi morì dalla rabbia. Si mise subito a studiare un piano per eliminare per sempre i due ragazzi e favorire invece sua figli, brutta e cattiva proprio come lei. Sua figlia, che non solo era bruttissima ma aveva un solo occhio, brontolava sempre e diceva:
-“Perché è toccata a lei la fortuna di sposare un re? Perché non a me?” la madre la consolava e le prometteva che presto l’avrebbe aiutata. Quel giorno decisero di andare al castello
Il re e la regina erano felicissimi: da pochi giorni era nato il loro figlioletto. Quella mattina Il re era andato a caccia, la matrigna si travestì da cameriera ed andò nella camera della regina.
-“Maestà il bagno è pronto!” aiutò la regina ad entrare nella vasca e la rinchiuse a doppia mandata. Nel bagno il caldo e il vapore erano così forti che la matrigna sperava di far morire soffocata la fanciulla. Poi chiamò la figlia, la agghindò con bellissimi nastri di seta, le mise una cuffietta di pizzo in testa e la fece coricare nel letto nuziale. Ma gli sforzi della madre erano del tutto inutili: sua figlia era proprio brutta! Il re se ne sarebbe accorto subito
-”Non scoprirti il viso” disse alla figlia “ e quando il re ti si avvicinerà, voltati così non si accorgerà che ti manca un occhio!”
La brutta fanciulla ubbidì. Furono tirate le tende e la camera rimase in penombra. Quando il re tornò dalla battuta di caccia, andò in camera da letto: aveva tanta voglia di vedere la sua bella moglie e l’adorato figlioletto. La strega, che era sempre travestita da cameriera, vedendolo si raccomandò di non far luce nella stanza perché la regina aveva mal di testa. Il re non si accorse dello scambio.
Arrivò la mezzanotte, la bambinaia vide aprirsi la porta: era la regina che si avvicinò al letto del suo figlioletto lo allattò lo baciò e dolcemente lo rimise nella culla.
Per molte notti andò avanti così: la regina entrava, prendeva in braccio il suo bambino, lo nutriva, lo baciava, lo accarezzava
La bambinaia vedeva tutto, ma non aveva il coraggio di riferire la cosa al re, finché, una notte, quando la regina venne a trovare suo figlio disse:
“Che fa il mio bel bimbo? Del capriol che fu?
Verrò due volte ancora e non tornerò più
La bambinaia, appena fu giorno, corse a riferire il fatto al re che decise di passare la notte al capezzale del suo piccino. Arrivò la mezzanotte e come sempre il fantasma della regina andò a trovare il suo piccino e baciandolo disse:
“Questa è l’ultima volta, non tornerò mai più”
Il re le si avvicinò e disse:
-“Tu sei la mia cara sposa!” disse il re disperato
-“Sono davvero io!” rispose il fantasma. In Signore, commosso da tanto amore, fece un miracolo e la regina tornò viva e raccontò della cattiveria della matrigna e della sorellastra. Le due donne furono subito giudicate e condannate a morire al rogo, e nel momento in cui le due donne esalavano l’ultimo respiro, il capriolo divenne un bel giovane forte e robusto e, tutti insieme, vissero felici e contenti.