Fra buoni amici

C’era una volta un gatto che passava tutto il suo tempo a cercare di convincere un topolino del suo affetto e della sua simpatia. E alla fine, dopo mille dimostrazioni di amicizia, ci era riuscito. Si misero quindi d’accordo per andare ad abitare insieme. Un giorno il gatto disse.
-“Spero, caro amico, che vorrai iniziare presto a procurare le provviste invernali; mi sembra sia il momento giusto, aspettare troppo significa rischiare di cadere in qualche trappola”
Dato che il gatto era un brontolone, il topolino per accontentarlo si mise a cercare cibo; e poi bisogna ammettere che il gatto aveva proprio ragione! Bisognava trovare qualcosa da mangiare.
Dopo poche ore il topolino tornò a casa con un pentolino pieno di buon lardo, ma dove potevano nasconderlo? Avevano paura di essere scoperti o derubati.
Pensa e ripensa, il gatto disse:
-“Che ne diresti di portarlo in chiesa? Andiamo là col pentolino, lo nascondiamo sotto l’altare e non lo toccheremo più finché non saremo lì lì per morire di fame.
Il topino fu d’accordo e il pentolino fu messo sotto l’altare.
Passò un po’ di tempo e al gatto venne un gran desiderio di mangiarsi un po’ del lardo che avevano nascosto, ma doveva escogitare un piano per ingannare l’amico!
Una mattina quel birbone si alzò di buon ora con in mente un piano. Si preparò per uscire e disse al topolino:
-“Questa mattina dovrai sbrigare tutto da solo: alla mia cuginetta è nato un bel gattino, un batuffolo bianco! È un amore! Io sarò il suo padrino, e non posso mancare al battesimo.”
-“Vai tranquillo” rispose il topolino fiducioso “e ricordati di me, se dovessi mangiare qualche boccone appetitoso”
Ovviamente il gatto aveva detto una grossa bugia: non era vero che a sua cugina era nato un cucciolo, non doveva essere officiato alcun battesimo! Non appena il gatto birbone ebbe voltato l’angolo, si mise a correre a perdifiato e in un attimo arrivò nella chiesa dove avevano nascosto il loro “tesoro”.
…E una leccata tira l’altra, mangiò tutta la crosta molle che rivestiva il lardo. Quando fu sazio, rimise a posto il tegamino e se ne andò in giro a passeggiare sui tetti. Si stese al sole con la pancia all’aria, e al tramonto tornò a casa
Il buon topolino gli andò incontro:
-“Bentornato! Hai passato una bella giornata?”
-“Si, è stata una bella festa” rispose il gatto con aria d’importanza
-“Che nome hai dato al piccolo?” chiese ancora il topino
-“Senzabuccia!” rispose il gatto
-“Senzabuccia? Ma che strano nome per un dolce gattino! Perché proprio questo nome? È un nome di famiglia?”
-“Quante domande!” disse il gatto infastidito “cosa ci trovi di così starno in questo nome? E il tuo nipotino che si chiama Rubacroste?”
Nessuno dei due parlò più…
Non passò molto tempo che al gatto venne di nuovo il desiderio di leccare un altro po’ di lardo. Anche questa volta disse al topolino che ad un’altra cuginetta era nato un bel gattino tutto tigrato, si scusò col l’amico e uscì di corsa.
Raggiunse in fretta la chiesa e… lecca, lecca, si rese conto di aver vuotato per metà il pentolino di lardo. Per quel giorno ne aveva mangiato abbastanza e se ne tornò a casa.
-“Ben tornato, amico mio” disse subito il topolino “che nome hanno dato al micetto, questa volta?”
-“Mezzovuoto” rispose sbrigativo il gatto, che si sentiva un po’ in colpa…
-“Mezzovuoto? Ma che razza di nome!” e il discorso finì lì.
Passò ancora un po’ di tempo e il gatto ebbe ancora voglia di leccare il lardo. Disse al topolino che era nato un nuovo gattino, ancora più bello degli altri
-“Non posso fare a meno di andare! È tutto nero con le sole zampette bianche: se non partecipassi anche a questa festa i miei parenti si arrabbierebbero”
Intanto il topino continuava a ripetere i due nomi che gli sembravano sempre più strani: “Senzabuccia e Mezzovuoto”… e il gatto, con aria di superiorità, gli rispose:
-“Ma cosa vuoi saperne tu che te ne stai sempre rintanato in casa! Cerca di fare qualche conoscenza, di chiacchierare con qualcuno e vedrai non ti meraviglierai più di niente!” e, così dicendo, il gatto se ne andò lasciando solo l’amico. Trotterellò felice sino alla chiesa e si mise a leccare il lardo.
-“Mangiato di nascosto sembra anche più buono” diceva quel cattivone, e lecca, lecca in men che non si dica il pentolino fu vuoto. Aspettò la sera e stanco di girovagare per i tetti del vicinato, tornò a casa.
-“Questa volta, amico mio, il nome ti piacerà ancora meno: l’abbiamo chiamato Neancheunagoccia!”
-“Bisogna proprio essere matti!” commentò il topino andandosene a letto.
Ora che il pentolino era vuoto, il gatto non riceveva più inviti… Il topo non immaginava nulla e per un po’ le cose filarono lisce.
Presto arrivò l’inverno: era difficilissimo trovare qualcosa da mangiare. Il topolino aveva così tanta fame che propose all’amico:
-“Che ne diresti di andare a prendere il nostro pentolino di lardo? Vecchio ghiottone, ti lecchi già i baffi!”
-“Andiamo pure” disse il gatto “vediamo come ti comporterai”
Imboccarono la strada che portava alla chiesa e arrivati sotto l’altare il topino ebbe la brutta sorpresa di trovare il pentolino vuoto… e capì tutto! Si battè la zampetta sulla fronte e disse:
-“Ora capisco perché i tuoi figliocci avevano quei nomi strani… bell’amico che sei!”
Ma il gattaccio fu ancora più cattivo, con una zampata tramortì il povero topino e in un boccone lo divorò.
Quante volte succede anche tra noi, che i nostri migliori amici ci facciano il tiro di mangiarci vivi!